La National Collegiate Athletic Association (N.C.A.A.), l’organizzazione che governa l’atletica collegiale negli Stati Uniti, e le principali federazioni atletiche hanno accettato un accordo da 2,8 miliardi di dollari, aprendo la strada al pagamento diretto degli atleti da parte delle scuole. Si tratta di un accordo storico, visto che la N.C.A.A. ha sempre vietato qualsiasi forma di compensazione monetaria per gli atleti universitari, mantenendo ferma la posizione secondo cui gli atleti dovevano essere considerati amatori, non dipendenti, il che significava che non potevano ricevere pagamenti senza perdere la loro eleggibilità sportiva.
Nonostante questa svolta, la N.C.A.A. manterrà un principio fondamentale: gli atleti pagati dalle università non saranno considerati dipendenti e quindi non avranno il diritto di contrattare collettivamente. Questo aspetto è stato sottolineato dal presidente dell’Università di Notre Dame, John I. Jenkins, che ha ribadito la necessità di considerare gli atleti come studenti in cerca di una laurea, non come lavoratori.
Già in passato, diverse sentenze giudiziarie e leggi statali avevano permesso agli atleti di guadagnare attraverso accordi per il nome, l’immagine e la licenza (N.I.L.). Un esempio emblematico è la legge della California che ha aperto le porte a questi accordi, consentendo agli atleti di ricevere compensi significativi. Questo ha messo in evidenza la discrepanza tra le enormi entrate generate dagli sport universitari e la mancanza di compensazione per gli atleti, rendendo necessario un cambio di rotta.
Oltre alla questione della compensazione, lo sport universitario negli Stati Uniti sta diventando sempre più un’impresa nazionale. Le federazioni, originariamente basate su rivalità regionali e tradizioni, stanno ora attraversando il paese alla ricerca di lucrosi contratti televisivi. Questo significa che gli atleti trascorrono molto più tempo viaggiando per le partite, riducendo il tempo dedicato allo studio e alla vita nel campus.
L’economista Adam Hoffer ha espresso chiaramente la sua opinione, affermando che è difficile non considerare gli atleti universitari come dipendenti nello scenario attuale. Secondo lui, la N.C.A.A. assomiglia sempre più a una lega professionistica, il che rende la classificazione degli atleti come dipendenti una questione cruciale per il futuro dello sport universitario.
Il presidente della N.C.A.A., Charlie Baker, ha sollecitato il Congresso a intervenire per proteggere la maggior parte degli atleti universitari, sostenendo che la classificazione degli atleti come dipendenti potrebbe portare molte università a ridurre o eliminare le squadre a causa dei costi aggiuntivi.
L’accordo, nato da una causa antitrust, richiede ancora l’approvazione di un giudice federale in California. Se approvato, le scuole dovranno decidere come distribuire fino a 20 milioni di dollari tra gli atleti. Questo tentativo della N.C.A.A. di ottenere un’esenzione antitrust dal Congresso mira a proteggere l’organizzazione da ulteriori cause legali relative alla compensazione, salvaguardando la sua capacità di stabilire le proprie regole.
Infine, l’accordo potrebbe influenzare la spinta verso la sindacalizzazione degli atleti universitari. Recentemente, un giudice federale di Boston ha stabilito che i giocatori di basket maschile del Dartmouth college, un’università di Hanover, nel New Hempshire, hanno il diritto di sindacalizzarsi e di essere considerati dipendenti, un verdetto contro cui l’università si sta appellando. Se l’accordo sarà approvato, potrebbe rafforzare le argomentazioni a favore della sindacalizzazione, segnando un ulteriore passo verso il cambiamento del modello di business dell’atletica universitaria.