La Russia non si fermerà: prossima tappa la Moldavia?

Sono le deficienze dei politici idioti a rendere efficienti i politici macellai. E’ questa la legge fondamentale della politica internazionale.
Neville Chamberlain nella conferenza di Monaco del 1938 “regalò” impunità e altro tempo per armarsi, per giunta perdendo per sempre la faccia, dal momento che la conferenza si concluse con un accordo vigliacco che diede via libera alla Germania per l’annessione di buona parte della Cecoslovacchia. Quell’appeasement fu il migliore regalo che Francia e Regno Unito potevano fare a Italia e Germania. Eppure la Cecoslovacchia era loro alleata. Chi male commette doppio male riceverà, potrei chiosare così quel contesto così incredibilmente vicino a questi giorni (il detto “la Storia si ripete” non a caso esiste).

Errori lunghi due decenni si pagheranno a lungo. Così sarà per la Germania dai Soviet prima e dall’apparato putiniano dopo- che si è tuffata a capofitto sul metano siberiano vendutoci a buon prezzo, profferto come un Cavallo di Troia dal tiranno del Cremlino. Il gas russo valeva la pena di strozzare la Polonia coi due bypass marini Nord Stream.
Non dimentichiamo la sfacciataggine della Spd tedesca, il cui cancelliere Gerhard Schröder pochi mesi dopo la fine del mandato fu nominato da Gazprom (= il Cremlino) a capo del consorzio Nord Stream AG. Poi gestì anche Nord Stream 2 ed è stato presidente di Rosneft. Schröder è finito anche nei Paradise Papers, i 13,4 milioni di documenti sugli investimenti offshore da parte di aziende e leader politici (vedere qui).

Così abbiamo messo a rischio l’Europa dell’Est, che si era “regalata” l’indipendenza grazie alla vittoria statunitense che pose fine alla Guerra Fredda nel 1989. Per anni abbiamo nutrito il boia che ci voleva impiccare.

Eravamo in troppo pochi -dal 2006 in poi, isolati come Cassandra ai tempi dell’Iliade- a lanciare allarmi sui misfatti putiniani. In verità i radicali non furono ipocriti, già nel 2000 ai tempi dell’assassinio di Antonio Russo in Cecenia, un atto turpe che fu vilmente ignorato da tutti coloro che hanno (a ragione) alzato bandiere di partito sui casi Regeni e Salis: La Russia non è Israele: tutti girarono il capo e rimasero senza parole o articoli, e senza atti parlamentari o di governo. Nessuno invocò uno straccio di inchiesta parlamentare. Nessun giudice avviò inchieste internazionali. I Servizi non indagarono. Tutti diventarono Ponzio Pilato. Del resto in Cecenia i morti furono 240.000 e Grozny fu rasa al suolo senza che i tutori dei Diritti umani dicessero almeno a bassa voce “Liberté-égalité-fraternité”, oppure “Tribunale dell’Aia”. 
Eppure il “dimenticato” Antonio Russo era venuto in possesso di una videocassetta che conteneva prove delle violenze e torture delle truppe russe contro la popolazione civile cecena. Fu fatto fuori dai Servizi segreti eredi del Kgb: la sua abitazione fu ripulita, e computer, telefono, videocamera e documenti sparirono. Fu una vergogna italiana oltre che russa, di cui mi vergogno. 

Quindici anni fa descrivevamo cose che leggo solo ora su qualche giornale mainstream… Non serviva un corso professionale per profeti per vedere e capire. Era già tutto chiaro: la manovra di accerchiamento contro il dollaro, costruita con una serie di incontri sino-russi per molti anni, e poi fallita prima di essere ripresa dagli amici putiniani del Brics, il cui attuale elenco dovrebbe mettere i brividi. Le “economie emergenti” oggi sono Brasile (dove il putiniano-leninista Ignacio Lula ha scalzato il trumpiano Bolsonaro), Russia, India e Cina, con le recenti aggiunte del Sudafrica (più attento a Gaza che ai casi di razzismo interni contro i commercianti indiani e alcune etnie indigene), Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. 

 L’alleanza del Cremlino con l’Iran è cresciuta mentre Teheran si dotava (quasi) dell’arma atomica, aiutata dal grande sonno dell’Europa.
Adesso l’Europa si prepara alla guerra, mentre gli Stati Uniti rischiano di cadere negli opposti estremismi, con un Donald Trump che potrebbe dare campo libero a Mosca, lasciando l’Europa da sola. Fingere che non esistano macellai, ma solo “compagni che sbagliano” è il metodo migliore per ritrovarsi con una pistola puntata alla tempia. 

Mentre l’industria militare russa è al massimo della produzione, la Ue si prepara a dover ingoiare medicine  amare: il governo francese ha messo sul piatto le sue 300 testate nucleari, che poi sarebbero “soltanto” una base da cui ripartire tutti insieme. Potremmo definire questo cambiamento, come il passaggio dallaForce de frappe” (forza d’urto nucleare) voluta del generale Charles De Gaulle, alla Force di frappé paneuropea? Speriamo di no: se ci servono le bombe nucleari, che almeno non siano di cartapesta. Dall’altra parte (speriamo mai) avremmo a che fare con dei metalli pesanti e dolorosi, non solo con la dose di polonio nel tè che bruciò vivo dall’interno Alexander Litvinenko.

Intanto Germania, Gran Bretagna, Svezia e Finlandia si riarmano di corsa. La spesa europea per la nuova corsa al riarmo sarà quest’anno di 380 miliardi. In Italia si parla di ristrutturare l’esercito, messo in naftalina dal vaticanismo e dall’irenismo piddino. Tra Germania Olanda e Polonia ci saranno collegamenti ferroviari nuovi per permettere il transito di uomini e  mezzi. Si parla della Moldavia come prossimo obiettivo del nazi-revanscismo russo. Nella recente Conferenza di Monaco sono intervenuti 180 tra ministri e Capi di Stato di tutto il mondo, e il riarmo è stato uno dei temi principali. Vedremo gli sviluppi nelle prossime settimane.

Di sicuro lo scempio sfacciato con cui il regime russo ha posto fine alla vita di Aleksej Navalny ha dato un’ulteriore scossa alla politica europea (chissà in Italia).
La Russia -intesa come popolo- è la prima vittima di quanto succede. Chi dissente dal tiranno fa la fine di Anna Politkovskaja, di Alexander Litvinenko, di decine di “caduti dalla finestra”, di tutti coloro che sono rinchiusi nei lager siberiani… Ma non è quello il peggio. Il peggio è un popolo che non ha mai conosciuto la democrazia e la libertà. Di fatto, a esclusione dei cleptomani e oligarchi di Stato, più o meno legati al gas e al petrolio siberiani, nessuno esce dalla Russia: sono tutti reclusi. E’ vero che ci sono i dirigenti di Gazprom e gli ingegneri di Rosneft che compravano ville in Versilia o yacht a Viareggio. Ci sono anche i turisti del fine settimana che da Pietroburgo vanno a ubriacarsi in Finlandia… Ma quei ricchi non sono molto diversi dagli straccioni che annegano nell’alcol il dispiacere che portano nascosto nel cuore, quello di sapersi schiavi del proprio destino

Com’è incomprensibile la vita: potevo nascere 80 anni fa nella Russia di Stalin o nella Germania di Hitler. Potevo nascere 15 anni fa nel Venezuela di Hugo Chavez. Potevo nascere pochi mesi fa nel Mali del fondamentalismo. Oppure potrei essere uno schiavo pakistano nella Dubai di questi anni…

Perché invece sono nato in quel preciso momento in quel preciso posto e da quei precisi genitori? Cosa ci succede in realtà, dietro la realtà? Perché troppi di noi non pensandoci su stanno dalla parte sbagliata, sono spie o narcotrafficanti del Michoacan, gente crudele e assassina? Perché persone fatte come noi hanno messo del polonio nel té di Alexander Litvinenko? Con che coraggio, con che bestiali istinti?

Posso dirmi migliore di loro, solo perché non ho ucciso nessuno? Se mi sento buono perché non sono violento e non tiro pugni al primo che passa, posso davvero dirmi migliore? Non lo farò, cercherò di non  giudicarmi da solo e con eccessiva indulgenza….
Quindi? Nessuno è innocente, ma alcuni devono avere -credo- qualcosa di peggiore  dentro di loro: la voluttà del male.  

Paolo Della Sala

Paolo Della Sala

Paolo Della Sala è uno scrittore e musicista che trova ispirazione nella musica mentre lavora ai suoi articoli e racconti. Ha collaborato con Gianni Celati e ha ricevuto influenze da figure come Paolo Fabbri, Carlo e Natalia Ginzburg e Umberto Eco. Attualmente, scrive per diverse testate, tra cui Il Settimanale, Reputation Review e L’Opinione, concentrandosi su geopolitica e cultura. Ha esperienza anche con Il Secolo XIX, Rai Radio Tre e altre testate. Ha pubblicato "Alice Disambientata" con Gianni Celati e curato l'archivio di Gianni Rodari. Nel cinema e nella TV, ha lavorato come promoter per Portofino Film Commission e come aiuto regista in videomusica e pubblicità, oltre ad essere stato interprete-musicista per La Chambre des Dames.

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