Un’indagine condotta dal Congresso degli Stati Uniti ha rivelato il coinvolgimento dei marchi BMW, Jaguar Land Rover e Volkswagen in una controversa catena di approvvigionamento. L’indagine ha infatti evidenziato come queste aziende abbiano continuato ad importare componenti provenienti da un fornitore cinese nonostante quest’ultimo fosse stato segnalato per la partecipazione a programmi di lavoro forzato nello Xinjiang, una regione della Cina occidentale.
L’indagine, avviata nel 2022 dal presidente del Comitato per le Finanze del Senato, Ron Wyden, ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo alla conformità delle aziende automobilistiche con la legislazione statunitense, in particolare la Legge per la Prevenzione del Lavoro Forzato degli Uiguri. Questa legge vieta l’importazione negli Stati Uniti di beni prodotti con lavoro forzato nello Xinjiang, a meno che non possa essere dimostrato il contrario.
Le parti coinvolte nell’indagine pare siano trasformatori LAN, componenti essenziali per il funzionamento dei sistemi elettronici dei veicoli. Dall’indagine è emerso che le aziende non hanno acquistato direttamente queste parti dal fornitore cinese – Sichuan Jinweida Technology Group -, ma i componenti incriminati erano parte di un’unità elettronica acquistata da un altro fornitore, la Lear Corporation. Tuttavia, quest’ultima ha dichiarato di non avere una relazione diretta con JWD, ma di aver acquistato a sua volta le componenti da un’ulteriore fornitore, con il quale l’azienda si è poi accordata per cambiare ulteriormente sub-fornitore una volta che JWD è stato incluso nell’elenco delle aziende che sfruttano il lavoro forzato.
Il comitato che si è occupato dell’indagine sostiene che l’unica delle tre aziende ad essere prontamente intervenuta per sostituire le parti incriminate è stata Volkswagen, la quale ha volontariamente comunicato alla dogana statunitense che delle auto in transito verso gli USA contenevano i traformatori LAN oggetto della controversia. Una volta arrivati sul territorio, l’azienda ha sostituito le parti direttamente nei porti statunitensi.
Lo stesso, però, non si può dire di BMW e Jaguar, che hanno invece continuato ad importare il componente fino ad aprile, quando il comitato ha poi ripetutamente interrogato JWD sui rapporti con le aziende citate. Intanto, la Cina nega l’esistenza di lavoro forzato e abusi dei diritti umani nello Xinjiang, dove però diversi rapporti parlano di oltre un milione di uiguri e altre minoranze detenute in centri di rieducazione e coinvolti nei lavori forzati.