Da mezzanotte, sono ufficialmente entrati in vigore i nuovi dazi del 10 per cento sulle importazioni dalla Cina, dopo l’annuncio di sabato scorso del presidente statunitense Donald Trump. L’introduzione dei dazi si inserisce in una serie di misure economiche pensate per contrastare la concorrenza commerciale internazionale e le pratiche che Trump considera sleali, in particolare quelle provenienti dalla Cina. Le nuove tariffe riguardano una vasta gamma di beni importati, che vanno dai prodotti tecnologici ai beni di consumo.
Contemporaneamente, i dazi del 25 per cento su importazioni provenienti da Messico e Canada sono stati rinviati di un mese, un passo che arriva dopo un’intensa diplomazia con i leader di questi due Paesi. Durante le telefonate, Trump ha ottenuto delle concessioni da parte della presidente messicana Claudia Sheinbaum e del primo ministro canadese Justin Trudeau, i quali si sono impegnati a rafforzare la sicurezza ai confini, con l’obiettivo di contrastare il traffico di droga, in particolare il fentanyl, una sostanza altamente letale che negli Stati Uniti sta causando migliaia di vittime ogni anno.
I tre paesi coinvolti in queste misure – Cina, Messico e Canada – sono i principali partner commerciali degli Stati Uniti. Le importazioni dalla Cina, che ammontano a più di 400 miliardi di dollari annui, erano già soggette a dazi variabili tra il 10 e il 25 per cento. L’amministrazione Trump, infatti, ha deciso di ampliare ulteriormente le tariffe, spingendo molti osservatori a prevedere una ripresa dei negoziati con il presidente cinese Xi Jinping, una telefonata che potrebbe avvenire a breve. Tuttavia, la Casa Bianca ha annunciato che tale conversazione avverrà solo più avanti, senza specificare il giorno.
Nel frattempo, la Cina ha già reagito. Martedì, in una dichiarazione ufficiale, il governo cinese ha annunciato l’introduzione di dazi di ritorsione sui prodotti americani. A partire dal 10 febbraio, le tariffe sui prodotti energetici statunitensi, come carbone, gas naturale liquefatto e petrolio, aumenteranno dal 10 al 15 per cento. Oltre a questa misura, la Cina ha anche avviato un’indagine su Google, un gesto che segna una ripresa della tensione tra i due colossi economici.
Questa escalation comporta anche effetti sul commercio globale. Le aziende cinesi di e-commerce come Temu e Shein, che in passato avevano trovato delle soluzioni per evitare i dazi imposti nel 2018, ora vedono il loro margine di manovra ridotto drasticamente. Trump aveva promesso misure di ritorsione anche contro altre nazioni, ed è stato lo stesso governo statunitense a spingere per un’azione più decisa contro le pratiche commerciali ritenute inique, con la Cina nel mirino per le sue politiche di dumping.
A livello diplomatico, la linea dura di Trump sui dazi ha avuto ripercussioni anche in Europa. Durante un vertice informale dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea, i rappresentanti europei hanno fatto chiaramente sapere che avrebbero reagito in caso di ulteriori dazi. «Se i nostri interessi commerciali sono attaccati, l’Europa dovrà farsi rispettare», ha dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron, sottolineando come l’Unione sia pronta a difendere i propri diritti sul piano economico e commerciale.
Trump ha anche fatto riferimento alla possibilità di introdurre dazi contro i paesi dell’Unione Europea, sebbene finora non abbia dato seguito a tale minaccia. Più interessante è la sua posizione nei confronti del Regno Unito: secondo alcune dichiarazioni, potrebbe concedere trattamenti preferenziali a Londra, sulla base della sua uscita dall’Unione Europea avvenuta ormai cinque anni fa. Una posizione che potrebbe prefigurare un cambio di strategia in futuro, soprattutto in vista dei possibili accordi bilaterali post-Brexit.
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