A New York il Natale si ascolta. Me ne accorgo ogni anno prima ancora che compaiano gli alberi addobbati e le vetrine illuminate: sono i suoni a dirmi che dicembre sta arrivando. È come se la città, sotto agli strati di traffico e rumore, avesse una colonna sonora segreta che si risveglia quando le feste si avvicinano. Sono note sparse che per me valgono più di mille luminarie e mi ricordano i primi inverni in cui cercavo di capire se New York potesse davvero diventare casa. Forse è per questo che ogni dicembre mi sorprendo ad ascoltare più che a guardare. Perché il Natale, qui, prima di tutto si sente.
C’è un suono inconfondibile che verso la fine di novembre invade le strade più turistiche, affollate e illuminate dalle luci del Natale. È il tintinnio delle campanelle dei volontari del Salvation Army, scosse al ritmo di musiche familiari, tra canti e balli improvvisati, utili anche a scaldarsi mentre le temperature iniziano a farsi pungenti. Non credo di avere tradizioni particolari legate al Natale a New York, eppure, la prima campanella dell’Esercito della Salvezza è per me un segnale inequivocabile: il Natale è alle porte. E forse allora un rito personale ce l’ho anch’io: lasciare qualche dollaro a questi volontari che, oltre a fare del bene, diffondono gioia e spensieratezza. I miei preferiti sono quelli davanti alla stazione di Grand Central, sulla 42esima strada, sotto il cavalcavia addobbato a festa. Intorno all’iconico secchiello rosso delle offerte per tutto il giorno si raccolgono capannelli di persone, che si lasciano trascinare dalle note conosciute di Mariah Carey. E sono proprio i canti l’altro suono che rende New York speciale a dicembre.
La prima volta che mi sono imbattuta nei Christmas carols è stato nella hall del Peninsula Hotel, per puro caso. Ero entrata per curiosità, per sbirciare le decorazioni, quando mi sono ritrovata immersa in un piccolo concerto inaspettato. Un gruppo di cantori, con abiti tradizionali, intonava melodie classiche alla base della grande scalinata decorata con rami di pino. Le loro voci creavano un’atmosfera sospesa, quasi irreale, in cui persino il traffico di Fifth Avenue sembrava fermarsi per qualche minuto. Mi sono quasi commossa e da allora torno al Peninsula ogni dicembre: ed ecco una seconda tradizione che non avevo realizzato di avere!
La tradizione dei Christmas carols ha radici profonde: arrivata a New York con gli immigrati anglosassoni nel XIX secolo, si è poi intrecciata con le culture musicali della città, dai cori delle chiese ai canti spontanei per strada. Nel tempo, i carols sono diventati una presenza familiare delle feste: prima intonati porta a porta, poi eseguiti nelle grandi hall degli alberghi e nei luoghi di passaggio, come dono musicale per i passanti. Oggi mantengono quello spirito originario capace di creare, per qualche istante, un senso di vicinanza tra sconosciuti anche in una delle città più trafficate del mondo.
E qui, mentre le voci sfumano e si confondono con il brusio della città, un altro suono inizia ad affiorare nell’aria invernale: più secco e metallico, ma sempre inequivocabilmente “Natale”. È quello delle lame dei pattini che incidono il ghiaccio delle tante piste in città, che annunciano un’altra delle colonne sonore del Natale newyorkese. Qui va fatta una premessa: io non so pattinare. Ci ho provato anche di recente, ma per quanto me la cavi sugli sci, i pattini non sono il mio mezzo ideale! C’è però qualcosa di ipnotico nel modo in cui la gente scivola sul ghiaccio, e potrei guardare per ore questo spettacolo.
Le piste si moltiplicano ogni anno, compaiono sui rooftop sopra skyline illuminati, spuntano nelle piazze nascoste e in spazi panoramici come il parco sotto il ponte di Brooklyn a Dumbo. Qui, nei luoghi più intimi, mi piace ascoltare il graffio delle lame mescolato alle risate della gente fino all’ultimo istante prima della chiusura delle piste quando tutto si fa silenzio.
E proprio con il silenzio, suono non suono, vorrei concludere questo breve viaggio attraverso l’acustica del Natale a New York: quella pace surreale, a cui la città non è certo abituata, che invade le strade, esauste di festeggiamenti, nel tardo pomeriggio del giorno di Natale e la mattina del 26 dicembre. Le strade di Midtown si fanno improvvisamente vuote, i taxi rallentano, i clacson smettono di suonare, come accade solo il giorno di Thanksgiving, quando New York sembra trattenere il respiro. In quei momenti, la città si trasforma: ogni lucina, ogni vetrina, ogni decorazione sembra risaltare ancora di più, e il Natale si sente non nei suoni, ma nella loro assenza. Un silenzio che sospende il tempo, ti apre gli occhi e ti fa sentire la città come un luogo tutto tuo, anche se solo per un istante!
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