Terremoto al largo della Kamchatka: allarme Tsunami sulle coste del Pacifico

Un sisma tra i più potenti degli ultimi decenni ha colpito il Pacifico settentrionale nella tarda mattinata di martedì (ora locale), scuotendo le profondità marine al largo della penisola russa della Kamchatka con una magnitudo di 8.8. L’evento è stato talmente intenso da essere percepito anche a centinaia di chilometri di distanza, e ha immediatamente attivato un vasto sistema internazionale di allerta tsunami. L’epicentro si trovava in mare aperto, a circa 119 chilometri dalla città russa di Petropavlovsk-Kamchatsky, in una regione remota ma sismicamente molto attiva. L’ipocentro, la profondità a cui si è originato il terremoto, era di circa 20 chilometri: una profondità considerata relativamente superficiale, e dunque più pericolosa in termini di potenziale distruttivo.

Quella della Kamchatka è una delle zone più turbolente del cosiddetto “Anello di Fuoco”, la cintura sismica che circonda l’Oceano Pacifico e comprende alcune delle faglie più attive del pianeta. Non è la prima volta che l’area viene interessata da eventi estremi: nel 1952, sempre al largo della Kamchatka, si verificò un altro terremoto di magnitudo 9.0 che causò uno tsunami arrivato fino alle coste della California. L’evento di oggi, sebbene leggermente meno potente, ha prodotto effetti immediati su più continenti, dimostrando ancora una volta quanto le dinamiche geologiche di quest’area possano avere conseguenze globali.

Le onde di maremoto non si sono fatte attendere. In Giappone, l’allerta ha riguardato quasi due milioni di persone, soprattutto nelle regioni settentrionali delle isole di Hokkaido e Honshu. L’acqua ha cominciato a superare le banchine portuali nella prefettura di Iwate, con onde che al porto di Kuji hanno già raggiunto 1,3 metri, e sono in progressivo aumento. In un paese dove il trauma del terremoto e tsunami del 2011 è ancora molto presente nella memoria collettiva, le autorità hanno ordinato evacuazioni immediate dalle aree costiere, invitando la popolazione a rifugiarsi nelle zone collinari.

Sull’altro lato del Pacifico, le prime onde anomale sono arrivate anche alle Hawaii, dove l’allerta è stata diramata poco dopo il sisma. I primi rilievi hanno registrato onde di circa un metro e mezzo, ma l’agenzia federale americana prevede che l’altezza possa raddoppiare nelle prossime ore. Il governatore Josh Green ha proclamato lo stato di emergenza e ha esortato i residenti a non sottovalutare l’avviso. A Kahului, sull’isola di Maui, l’aeroporto ha cancellato tutti i voli, mentre a Honolulu, dopo una sospensione temporanea, l’operatività è stata ripristinata. Code di auto si sono formate sulle strade in salita, con turisti e residenti diretti verso aree più sicure.

Il Consolato Generale d’Italia a Los Angeles ha diffuso un avviso alla comunità italiana e ai residenti, confermando l’emissione di un’allerta tsunami per la costa californiana. Il messaggio, pubblicato nelle ore successive al violento sisma al largo della Kamchatka, include un richiamo alla massima prudenza per le contee di Los Angeles, Orange, Ventura e Santa Barbara. Si raccomanda di seguire con attenzione gli aggiornamenti ufficiali e di attenersi alle indicazioni delle autorità locali.

Guam, l’Alaska e alcune aree della costa occidentale degli Stati Uniti sono anch’esse sotto osservazione. Sebbene in queste zone non si siano ancora registrati impatti significativi, il sistema di allerta americano — uno dei più avanzati al mondo — rimane attivo e in costante aggiornamento. La minaccia di uno tsunami è una delle poche catastrofi naturali che può coinvolgere più continenti in poche ore, trasformando un evento geologico sottomarino in una crisi umanitaria trasversale. In questo caso, il rapido coordinamento tra le agenzie meteorologiche e sismologiche dei vari paesi coinvolti ha permesso un’attivazione tempestiva dei protocolli di emergenza, ma resta alta l’attenzione per le prossime evoluzioni.

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