Il caso dei siti sessisti

Ora tutti corrono ai ripari. Le vittime, le autorità, i garanti della privacy, gli intellettuali correct e i benpensanti. Solo qualche iscritto ai cosiddetti siti sessisti ha minimizzato dicendo che era una cosa goliardica e che in fondo “si è sempre fatto”. Che l’animo umano in senso di maschio abbia schemi antropologici antichi, o direbbe Freud, del superato in quanto primitivo dell’inconscio, è assolutamente vero. Ed è la parte di verità della visione femminista che però, anche in questa vicenda, sbraca ideologicamente e non capisce il focus culturale. Tanto per essere chiari ed evitare inutili equivoci, ovvio che mi associo anch’io a una condanna ferma e a una richiesta di provvedimenti penali.

Però il tema della questione è ancora una volta il medium, la struttura, la logica, il linguaggio di Internet. Server straniero ma proprietario italiano, stiamo parlando della piattaforma Phica.eu (la pronuncia è libera ma scontata), ovvero immagini di donne anche pubbliche messe lì a loro insaputa e alla mercé di pulsioni e commenti sgradevoli. Circa 40 mila iscritti, quasi uno stadio pieno di una grande città. Le violazioni sono evidenti: dalla privacy al revenge porn, e pare anche estorsione, perché si chiedessero soldi per cancellare le foto o le iscrizioni. Ripeto: chi deve fare il suo lavoro, a cominciare dalla polizia postale per finire alle istituzioni politiche, lo faccia.

Ma il problema non sono le regole dopo, ma le regole prima. Com’è potuto accadere? E non c’è solo il caso della piattaforma che si pronuncia come le parole che si trovano nei bagni delle scuole, ma anche quell’altro capolavoro di Facebook intitolato, un po’ alla guascona in salsa pecoreccia, Mia moglie. Insomma, perché non si è agito prima? Ci volevano le vip che si lamentassero o denunciassero? Io rispetto tutti, ma a me interessano non solo le very important person, ma le Persone tutte.

Come tutelare le persone dalla violenza di Internet: questo è il grande tema della nostra epoca. E quella violenza è nell’assenza planetaria di regole preventive funzionanti. Dalle fake news al deep web, dalla pedofilia alle armi alle sette. Diciamo la verità: sul web si trova di tutto e si può fare tutto. Senza identità, senza essere scoperti, senza pagare in termini penali o pagando poco.

La ricetta non c’è, ma il bla bla dei talk e dei convegni non corrisponde a un’adeguata misura nella realtà. Tutti se ne stanno occupando seriamente, in verità, anche a livello di cooperazione internazionale delle forze di polizia. La politica cerca di dare principi di massima, ma nessuno mi può assicurare oggi che domani io non venga eticamente violentato in qualche diavoleria di un virtuale sempre più ossessivo, onnipresente e fuori controllo.

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